AIFI

FORUM  sulla  Terapia  chirurgica  delle  varici
discusso in originale nella sezione del Gruppo "I Flebologi Italiani"
presente nel sito web "https://www.facebook.com/groups/flebologitaliani"
 

Post n. 1

Paolo Santoro ha scritto il 19 Novembre 2009 alle ore 22,59
E' limitativo porre questo quesito nel Forum chirurgico, ma vorrei sapere dagli iscritti al Gruppo quale sia per loro il trattamento di elezione dell'incontinenza della safena.
 
Post n. 2

Giuseppe Botta ha scritto il 20 Novembre 2009 alle ore 12,04
Perfetto Paolo, hai ragione, eccome se hai ragione, nel ritenere limitativo porre questo quesito nel forum della chirurgia. E' che la mia quotidiana attività chirurgica mi aveva fatto male interpretare la tua legittima domanda. Ben venga quindi la tua decisione di aprire un nuovo argomento di discussione tra i membri del Gruppo.
 
Post n. 3

Giuseppe Botta ha scritto il 20 Novembre 2009 alle ore 12,07
Dunque sono il primo a rispondere al tuo quesito su quale sia per me il trattamento di scelta dell'incontinenza safenica. Allora bisogna che io distingua tra
1) incontinenza della piccola safena ed allora la scleroterapia con schiuma, utilizzando il Polidocanolo a varie concentrazioni (per lo più 3%), la fa da padrona, associando o meno la legatura chirurgica della giunzione safenopolitea,
2) l'incontinenza della grande safena. In questo secondo caso valuto il quadro clinico del/della paziente che è venuta alla mia osservazione, il quadro strumentale ultrasonografico, il tipo di shunt emodinamico, il decorso superficiale o meno della safena interna rispetto alla cute, la classe CEAP, ecc.
Tradotto in soldoni spiccioli, non c'è secondo me un trattamento di scelta univoco nell'incontinenza della safena interna, ma va valutata la situazione paziente per paziente, tenendo anche presente che, accanto alla terapia chirurgica e scleroterapica, c'è anche la terapia medica e soprattutto la terapia compressiva ai giusti dosaggi di compressione.
Come ci siamo detti anche a Napoli qualche giorno fa, il "vero flebologo" è quello che sa fare di tutto, anche il flebochirurgo, e poi decide caso per caso in base al/alla paziente che viene alla sua osservazione.
Gradisci i miei più cari saluti.
 
Post n. 4

Paolo Santoro ha scritto il 23 Novembre 2009 alle ore 23.28
Caro Giuseppe, ti ringrazio della risposta che condivido in parte e vorrei farti delle precisazioni.
1) A proposito della safena esterna ti confesso che, in caso di incontinenza, non ho mai praticato uno stripping, ma solo una sezione/legatura della crosse eseguita con la tecnica di Muller con una incisione di un cm. Non ho mai ritenuto di eseguire la sclerosi con schiuma. Il resto della safena esterna generalmente si chiude con un minimo di compressione.
2) Per quanto riguarda la safena interna dopo l'avvento delle tecniche fotocoagulative endovasali, che ho all'inizio adottato con molta riluttanza e diffidenza, attualmente ne sono un fautore convinto per risultati immediati e a distanza ormai quinquennali.
Per ulteriori precisazioni e commenti, vorrei sapere cosa ne pensate.
 
Post n. 5

Stefano Ermini ha scritto il 24 Novembre 2009 alle ore 8,27
Buongiorno a tutti... ecco arriva il Talebano... mi prendo in giro da solo, così vi prevengo eh,eh,eh....
Io ragiono così: ho sposato da 20 anni l'emodinamica e la terapia CHIVA. Dunque in tutti i casi in cui è realizzabile un approccio chirurgico corretto io conservo la safena e la sua funzione, limito al massimo le flebectomie e la scleroterapia di completamento, che comunque conservano un posto importante nelle mia strategia. Non c'è spazio nelle mie indicazioni per altre tecniche. Penso, come ho detto in molti convegni, che chi fa la CHIVA, se crede nei suoi principi, non dovrebbe dare indicazioni demolitive. Chi fa un pò e un pò secondo me, lo fa non conoscendo bene l'emodinamica, o in situazioni complesse in cui non riesce a ricostruire la cartografia etc etc...Dunque differenziare le indicazioni è indice di scarsa conoscenza della CHIVA e quindi io diffido dai dati presentati da questi relatori, perchè si tratta, sempre secondo me, di CHIVA fatta senza cognizioni fondate e senza convinzione... se fosse convinto non farebbero un pò e un pò... se avete dubbi fatemi un esempio in cui è realizzabile una terapia demolitiva e no una conservativa... io ne posso fare molti all'inverso.
Ci sono poi casi in cui è "difficile" realizzare un approccio chirurgico corretto: esempi una recidiva di crosse senza peduncolo o una safena esterna con crosse alta intramuscolare... in questi casi ecoscleromousse e per la esterna, anche EVLT se la sapessi fare.
Ho risposto volentieri e con il cuore, perchè mi sento fra amici.
Vi abbraccio tutti.
 
Post n. 6

Giuseppe Botta > ha scritto il 20 Novembre 2009 alle ore 12,07
Caro Stefano, ancora una volta dalle tue parole traspare il tuo "imprinting" chirurgico, non certo "talebano". Anche io stesso sono caduto nel tuo stesso errore.
Ma Paolo ha chiesto un'altra cosa e cioè << vuole sapere dagli iscritti al gruppo quale sia per loro il trattamento di elezione della incontinenza della safena >>. Terapia medica, fitoterapica, chirurgica, compressiva, sclerosante, riabilitativa e chi ne ha più ne metta... Cari saluti.
 
Post n. 7

Stefano Ermini ha scritto il 24 Novembre 2009 alle ore 16,42
Chirurgica Emodinamica Conservativa, cioè CHIVA
Un caro saluto.
 
Post n. 8

Giampiero Peruzzi ha scritto il 24 Novembre 2009 alle ore 21,20
Mah! che volete che vi dica! Sono trent'anni o forse qualcosa di più... non lo dico perché se no mi dite che sono anziano... che sento tante idee al riguardo! alcune corrette altre meno... almeno così penso io... Ma sono convinto che esistano diverse possibilità nel trattamento che non possono essere così drasticamente codificate. Stefano ha degli ottimi risulti con il suo trattamento emodinamico... Paolo e anche Giuseppe con il trattamento endolaser... Io e forse anche Giuseppe con lo stripping... quando è corretto che si faccia... attenzione....
Allora il problema non è quello di quale sia il corretto trattamento di una insufficienza giunzionale della grande, in modo particolare ed in misura minore della piccola safena, ma di quella che è la migliore soddisfazione dei o meglio delle pazienti. E allora i campi diventano molto ampi e tutti noi, qualsiasi sia il trattamento che abbiamo scelto per i nostri/e pazienti possiamo riferire ottimi risultati... Veramente! e allora!...
 
Post n. 9

Giuseppe Botta ha scritto il 24 Novembre 2009 alle ore 21,58
Giampiero, gran bella risposta, che contrasta con quella "talebana" di Stefano. Anche io ritengo che alla fin fine è la soddisfazione dei nostri pazienti, che ci fa continuare a scegliere quella terapia che nelle nostre mani risulta essere la migliore, in quanto dà degli ottimi risultati.
Nel momento in cui i risultati mancano e quindi i pazienti scarseggiano o mancano del tutto, saremo sicuramente costretti a cambiare atteggiamento terapeutico... non vorrei dire mestiere...
Comunque è anche vero che la paziente, che viene a visita da me, difficilmente si aspetta la "pasticchina" e viene più o meno preparata ad affrontare "il bisturi": se vuole la pasticchina va dall'angiologo, non certo dal chirurgo flebologo. Ed allora capisco anche il "talebanismo" di Stefano: la gente che va da lui si aspetta la cura CHIVA e lui dà loro la CHIVA. Perfetto: bravo Stefano, bravo Giampiero, bravo Paolo e bravo anche Giuseppe, cioè consentitemelo me stesso, perchè continuando a vedere i pazienti e quindi ad avere clientela, giustifichiamo e validiamo con i nostri brillanti risultati la nostra scelta terapeutica.
Carissimo Paolo, non so se la tua domanda iniziale meritava questa mia ultima risposta, ma tant'è: l'incontinenza safenica? Ognuno la curi come meglio crede sulla base dei propri risultati e soprattutto tenuto conto della soddisfazione dei pazienti che cura.
Un gustoso "de profundis" al talebanismo di Stefano...
 
Post n. 10

Paolo Santoro ha scritto il 24 Novembre 2009 alle ore 23,18
Tutto giusto mi soddisfano le vostre e le mie risposte, anche se Stefano è troppo dogmatico, assolutistico... talebano. La fede chivaistica l'ho cavalcata forse per primo, ma non si adattava a tutte le esigenze, quindi il compromesso... conservazione... ablazione nel giusto equilibrio nel rispetto del risultato che sia funzionale ma anche estetico, non l'uno o l'altro ad ogni costo. Quindi niente linee guida come qualcuno vorrebbe o auspicherebbe, perciò come al solito non esiste la malattia, ma esiste il malato... grazie.
 
Post n. 11

Stefano Ermini ha scritto il 25 Novembre 2009 alle ore 8,32
Sono prima di tutto d'accordo sul fatto che ognuno deve fare quello che si sente di fare, adattando al paziente le sue conoscenze. Le cose fatte bene danno sempre buoni risultati, perché la natura sa adattarsi. La mia scelta di fare CHIVA nel pressoché 100% dei casi è motivata da, riprendendo in parte le osservazioni fatte:
- soddisfazione dei pazienti, che non vengono trattati in DRG né in convenzione alcuna, dunque ho anche l'obbligo "economico" di garantire alla paziente, oltre al risultato funzionale, un buon risultato estetico
- risposta della cura emodinamica ai principi di emodinamica che abbiamo sviluppato in questi anni (dove va il sangue dopo che la safena non c'è più ???)
- conservazione dell'asse safenico per i by pass, dunque una scelta etica nel trattamento di una malattia benigna (vedi la letteratura su Vasculab sull'uso della safena nei by pass, nonché parere del comitato di etica francese)
- RCT (trials prospettici e non retrospettivi!!!!!!!!), quello di Zambo Fox e quello di Oriol, che credo siano anche i migliori lavori sui risultati dello stripping presenti in letteratura fino ad oggi e sono gli unici RCT sulle varici.
Grazie Paolo per la domanda, grazie Giuseppe per aver creato il gruppo... grazie anche a Giampiero e a tutti quelli che risponderanno... magari si potesse discutere nei congressi serenenamente, come stiamo facendo qui...
Un abbraccio sincero dal vostro Talebano
 
Post n. 12

Maurizio Marchetti ha scritto il 25 Novembre 2009 alle ore 15,33
Cari amici, in era ante-chiva non si discuteva, si facevano stripping sempre e comunque (oggi sappiamo anche quando non servivano). Dopo abbiamo imparato pian piano a capire che l'insufficienza safenica non è una malattia, ma decine e decine di malattie. Purtroppo ho l'impressione che tutta le nostre belle teorie di fisica dei fluidi e tutte le tecniche e manovre diagnostiche siano solo una approssimazione della realtà, perché (diciamocelo francamente) noi non sappiamo quello che succede nel comparto venoso di un arto in movimento. Già la patogenesi è oscura: che significa varice primitiva? forse meiopragia eredo-costituzionale; ma se la maggior parte dei pazienti hanno manifestazioni monolaterali che sono meiopragici a metà? Credo che dovremmo concentrare la nostra attenzione nel prossimo futuro sui rapporti tra circolo profondo e sottocutaneo e probabilmente ne scopriremo delle belle. Un abbraccio a tutti.
 
Post n. 13

Fausto Passariello ha scritto il 27 Novembre 2009 alle ore 15,52
Cari amici, stimolato da Giuseppe esprimerò anche io la mia opinione.
Se Stefano è un talebano, allora io sono il Mullah Omar o Bin Laden, scegliete voi. Le nostre conoscenze di emodinamica, teoriche, ma anche pratiche, sul singolo paziente, ci forniscono una soluzione per la quasi totalità dei casi che giungono all'osservazione. Una volta effettuata una cartografia corretta, la scelta terapeutica è quasi obbligata, se si seguono alcuni principi terapeutici. Sinceramente, non capisco l'eclettismo e non capisco le indicazioni per altre terapie diverse. Anzi, in alcuni casi le ritengo manifestamente errate. Sicuramente, questa mia posizione sarà considerata di chiusura mentale, mentre credo sia molto aperta. Precisamente, la mia posizione è aperta e condizionata dallo studio emodinamico del paziente, che è sempre diverso e rende interessante il nostro lavoro. E' rarissimo che dalla cartografia fuoriesca la necessità di una terapia ablativa. Può accadere, ma bisogna ridimensionarne l'eventualità e tener conto dei numeri.
Quanto alle altre cause della malattia varicosa, vorrei annunziarvi che il primo dicembre (forse lo sapete) parte il primo STEP dell'Evento On Line PHYSBIOL, (in inglese) sull'importanza delle variabili fisiche e biologiche nella varicogenesi e nell'espressione clinica. Ovviamente siete tutti invitati e se qualcuno se la sente di partecipare in inglese come esperto, basta farmelo sapere. L'iscrizione è su una lista diversa da Vasculab, per cui se vi interessa scrivetemi. Ovviamente, si attendono critiche impietose.
 
Post n. 14

Giuseppe Botta ha scritto il 28 Novembre 2009 alle ore 9,29
Beh, caro Fausto, ieri a Roma, incontrandoci al Congresso Nazionale della SIAPAV, Ti ho stimolato a prendere parte alla discussione sulla Terapia delle Varici e puntualmente l'hai fatto, per cui Ti ringrazio pubblicamente a nome del Gruppo dei Flebologi Italiani, che si avvale anche del tuo "Omar o meglio Bill Adeniano" parere. Per fare una battuta scherzosa, dopo il Talebano Stefano abbiamo l'Omaresco Fausto, ai quali l'Alighieriano Giuseppe si accinge a rispondere.
Dunque, sintetizzando, sei per la "chirurgia emodinamica ambulatoriale" non c'è dubbio, ma... e allora riporto testualmente qualche frase del tuo intervento... "soluzione per la quasi totalità dei casi" oppure "la scelta terapeutica è quasi obbligata". Caro Fausto, è proprio in quel <> la chiave di volta del mio pensiero, come di altri colleghi. Tu scrivi "è rarissimo che dalla cartografia fuoriesca la necessità di una terapia ablativa. Può accadere. Bene, se accade, eccoci qui pronti noi flebochirurgi seguaci di Keller, Mayo e Babcok a praticare l'ablazione della safena interna o, come seguaci di Muller, dei suoi rami collaterali varicosi. Se non è eclettismo questo......
 
Post n. 15

Fausto Passariello ha scritto il 28 Novembre 2009 alle ore 14,42
Grazie Giuseppe della precisazione. Comunque, dicevo che bisogna tener conto dei numeri. Della totalità delle safene osservate all'eco, non solo osservate, parlo di migliaia di cartografie complete, i casi in cui la safena interna era varicosa all'interno dell'occhio safenico si contano veramente sulle dita di due mani al massimo. Ancor meno per la safena esterna. Ne ho osservata proprio una 15 gg fa ed era particolare nel senso che la safena occupava tutto lo spazio della duplicazione fasciale perdendo quindi la forma dell'occhio. Ma anche in questo caso non c'era indicazione ablativa. (per inciso, la prima osservazione delle safene nella duplicazione fasciale è nel mio libro della Safena Esterna del 1991). Tornando ai numeri, non vorrei limitare la vostra attività chirurgica a una decina di casi nell'arco di un decennio. Ci sono altri casi dubbi, ma sempre non ablativi e riguardano il perenne problema della Chiva2, che è un problema nella misura che vogliamo avvicinarci a una gestione quanto più possibile alle esigenze del paziente. Questa estate ho utilizzato una ablazione per un'enorme dilatazione della safena interna localizzata soltanto al III inferiore di coscia. Ripeto, i casi sono rarissimi. Forse sarebbe meglio confrontarsi su casi specifici, cartografia alla mano, per vedere in quanti casi l'indicazione venga forzata verso l'una o l'altra metodica. A presto
 
Post n. 16

Giuseppe Botta ha scritto il 28 Novembre 2009 alle ore 20,36
Hai perfettamente ragione, Fausto, e il tuo ragionamento non fa una grinza. Solo che ogni tanto, diciamo 5-6 volte al mese, forse per venirTi incontro 1 volta alla settimana in media, giungono alla mia osservazione pazienti che, essendo stati operati di Chiva nelle immediate vicinanze geografiche di Siena - come ben sai in Toscana e in Umbria ci sono molti colleghi che praticano la Cura Emodinamica - oppure sapendo da amici e da parenti dei risultati poco soddisfacenti avuti dalla CHIVA e, necessitando di essere operati, (ovviamente Io controllo sempre personalmente con l'ECD se c'è l'indicazione chirurgica) chiedono espressamente di essere sottoposti alla safenectomia. Che faccio? Non li opero e li rimando dagli chivaisti della mia Regione? Pensa che solo 15 gg fa è venuta in ambulatorio la cognata della moglie di un collega, che l'aveva 5 anni fa sottoposta a Chiva 1 e poi ritoccata altre 2 volte: quando l'ho sollecitata a farsi rivedere dal collega suddetto, mi ha risposto: "Professore, la prego, facciamola finita, mi tolga la safena e queste varici che non sono mai scomparse del tutto, sono stanca di questi continui ritocchi ad ogni controllo cui mi sottopongo. Se non se la sente, vuol dire che andrò da un altro." Ovviamente l'ho messa in lista operatoria e prossimamente la sottoporrò a stripping. Non è che da Te a Napoli vengono pazienti già convinti e preparati alla cura emodinamica, sapendo che Tu li tratti comunque con la CHIVA? Ovviamente, chi desidera la scleroterapia, andrà a trovare altri colleghi napoletani e chi desidera le moderne procedure endovascolari andrà a farsi vedere a Napoli da chi ha in mano queste procedure. Ci vuole eclettismo, Fausto, eclettismo... bisogna saper fare tutte le tecniche di chirurgia o parachirurgia che le conoscenze scientifiche e tecniche moderne ci consentono. Poi le applicheremo nel singolo paziente che viene a trovarci nel nostro ambulatorio e dal quale comunque dovremo avere il consenso e quindi dovremo saper rispondere positivamente alle sue legittime aspettative o richieste. Tanto alla fine è sempre il paziente che sceglie l'Omaresco Fausto o l'Alighieriano Giuseppe, non viceversa... Ricordiamocelo...
Un saluto di stima e di grande cordialità.
 
Post n. 17

Ornella Manferoce ha scritto il 28 novembre 2009 alle ore 21,00
Cari amici flebologi, stimolata anch'io ieri a Roma dal "mitico" Giuseppe Botta, eccomi qua a rispondere. Intanto mi presento per chi non mi conosce. Io sono angiologa e non faccio chirurgia in prima persona. Il mio referente chirurgico, Giuseppe Roscitano è della scuola del Prof. Spinelli col quale collaboro da svariati anni. Faccio questa premessa per collocare le mie scelte e quindi i miei ragionamenti. Secondo me comunque, l'incontinenza della grande safena va operata... Come?? Sicuramente legatura della crosse e asportazione del tratto di vena che è varicosa (che sia safena o collaterale), risparmiando la rimanente safena non varicosa. Il tutto con anestesia locale sulla crosse e con flebectomie multiple per l'asportazione del tratto o dei tratti varicosi. Personalmente ho delle riserve mentali sulla radiofrequenza e il laser (forse perché non ho mai visto nella pratica eseguire queste tecniche, mentre in sala operatoria ho avuto modo di seguire e collaborare). A presto e grazie di questo simpatico spazio.
 
Post n. 18

Giuseppe Botta ha scritto il 28 Novembre 2009 alle ore 21,53
Ornella, nel bel ricordo di una più che movimentata e sobbalzante passeggiata nel deserto di Sharm El Sheikh in "quod", vorrei da Te una ulteriore precisazione, perché il Gruppo possa comprendere al meglio il Tuo pensiero. Quando dici "sicuramente legatura della crosse e asportazione del tratto di vena che è varicosa (che sia safena o collaterale), risparmiando la rimanente safena non varicosa, cosa intendi esattamente dire? Come i colleghi, che praticano la CHIVA, ci hanno insegnato, la safena molto, ma molto, ma molto difficilmente, è varicosa, sta sempre nel suo bell'occhio egizio, circondata tutt'attorno da un tessuto connettivale aponeurotico, chiamalo fascia, coperta, mantello, tubulare, maglia per non sentire "freddo di inverno e per smaltire il caldo d'estate", e solo quando esce da questa via diciamo "maestra" si dimentica di essere stata progettata rettilinea e dà il permesso ai suoi "allievi" o rami venosi di superficie di curvarsi, allungarsi, dilatarsi, formare gozzi, non certo quelli tiroidei. In una estrema sintesi, dopo che hai visitato un paziente con incontinenza safenica, lo affidi a Giuseppe Roscitano che lo opera di crossectomia e safenectomia per stripping, verosimilmente corto, associando se del caso la flebectomia sec. Muller. E' così? Abbiamo interpretato bene il tuo discorso? Un affettuoso e ideale abbraccio alla "Terra di Calabria", sicuramente distante dai talebani e dai mullah, ma non certamente dalla Toscana Dantesca.
 
Post n. 19

Ornella Manferoce ha scritto il 28 Novembre 2009 alle ore 22,24
Caro Giuseppe, a proposito di Sharm, forse già saprai che il "vulcanico Stefano de Franciscis" sta già proiettando la flebologia italiana, nella serie "tango argentino a buenos aires"... Comunque a proposito di safene incontinenti, volevo dire che l'intervento di cui parlavo prima comprende la legatura della crosse e l'asportazione delle collaterali varicose con flebectomie. Della safena,che come giustamente precisi tu, quasi mai e' varicosa, solamente incontinente, ne viene risparmiata l'asportazione (non è uno stripping corto pertanto), ma a differenza della CHIVA, il tratto di vena collaterale su cui "scarica" (passami il termine) la crosse incontinente e quindi si crea il reflusso e quindi diventa varicosa, viene rimossa con una serie di flebectomie ed eventuale legatura di perforanti. Spero di essere stata più chiara, non è semplicissimo abituarsi a confrontarsi quassù.
PS: sulla distanza della Calabria da talebani e mullah, non sarei esattamente sicura... comunque... affettuosi abbracci...
 
Post n. 20

Giuseppe Botta ha scritto il 28 Novembre 2009 alle ore 22,28
Allora rapidamente "crossectomia associata a flebectomie secondo necessità?
 
Post n. 21

Fausto Passariello ha scritto il 28 Novembre 2009 alle ore 22,57
Cari ablativi/conservativi, che dirvi !!
In primo luogo se il collega Roscitano viene dalla scuola di Spinelli, saprà che Francesco è stato uno dei primi ad applicare la Chva in Italia e quindi la Calabria non è poi tanto lontana dalle nostre posizioni. Quanto alla crossectomia associata alle flebectomie, in primo luogo va specificato che se il termine è preciso, allora inevitabilmente la safena interna va in trombosi fino alla prima collaterale. E se sono praticate delle flebectomie, va in trombosi anche il tratto successivo fino a trovare un vaso che la riabita e un rientro posto sulla safena o su una collaterale. Se invece il termine crossectomia è usato in senso lato, cioè vale anche per crossotomia alla Chiva, raso alla femorale, risparmiando le collaterali dell'arco, le cose sono diverse, ma va sempre controllato che le flebectomie non impediscano il rientro. In quest'ultimo caso si fa solo la flebectomia e si aspetta (1 ora, 1 giorno, 1 mese 1 o piu' anni) che si sviluppi un rientro, prima di fare la crossotomia (non crossectomia). Mamma quanto è complicato, dirà qualcuno... In effetti è semplicissimo, basta farlo di continuo.
 
Post n. 22

Giuseppe Botta ha scritto il 28 Novembre 2009 alle ore 23,08
Perfettamente d'accordo nella tua disamina.
 
Post n. 23

Fausto Passariello ha scritto il 28 Novembre 2009 alle ore 23,45
Caro Giuseppe, riguardo l'eclettismo, non è che sia digiuno delle altre metodiche, ma ognuno deve praticare quello che sa fare e quello in cui crede. A dimostrazione del mio interesse per le altre metodiche, mi interesso di schiuma e di laser e se ricordi all'incontro di Napoli ho presentato un nuovo metodo Laser per praticare la crossotomia CHIVA con il Laser. Quanto ai pazienti chiva che vogliono lo stripping, ti assicuro che vi sono molti stripping che vogliono la chiva. In ogni caso, credo che la scelta del paziente, per quanto sovrana, dovrebbe essere molto ridimensionata, in quanto avviene spesso in assenza di un'informazione obiettiva da parte del chirurgo.
 
Post n. 24

Giuseppe Botta ha scritto il 29 Novembre 2009 alle ore 0,35
Beh, caro Mullah Omar, se scherzosamente mi stimoli, i miei neuroni cominciano a riattivare vecchi circuiti, anche se desueti, ed allora i cortocircuiti mentali si sprecano... Dunque, vediamo un pò... mi torna bene che dopo una chiva andata poco bene (nota l'eufemismo dei miei neuroni desueti) si possa ricorrere allo stripping. Ma il cortocircuito dello stripping che viene trasformato in chiva, qualora la paziente non sia soddisfatta, ancora i miei pochi e vigili neuroni non consentono di spiegarmelo!! ... a meno che... a meno che (come io stesso dissi a Napoli, poiché questa è stata la mia esperienza alla fine degli anni '80, quando cominciai ad adoperare personalmente l'ecografo,) allorquando si pratica la safenectomia, può accadere di portar via con lo stripper il ramo collaterale superficiale che a metà o più spesso al terzo inferiore di coscia lascia il tronco principale, lasciando al di sotto una piccola, talora atrofica safena interna. Intendi riutilizzare quel segmento di safena a scopo emodinamico, di deflusso venoso nella perforante distale, qualora si sia formata una neocrosse dalla perforante hunteriana? A proposito i miei neuroni, sempre quelli pochi e vigili e non ancora desueti, mi fanno ricordare che anche Tu sei chirurgo vascolare: cosa debbo dedurre dalla tua ultima frase, che non dai un'informazione obiettiva ai tuoi pazienti? Personalmente li ascolto, li interrogo (per carità non fatemi fare il poliziotto con l'interrogazione di terzo grado o il maestro con l'interrogazione ex-cattedra), li visito, li esamino in senso diagnostico strumentale, discuto con loro attivando tutti i miei neuroni cognitivi e cercando di trovare la migliore soluzione al loro problema clinico e alla loro richiesta di guarigione (che difficilmente ci sarà, tenuto conto che purtroppo l'insufficienza venosa è concettualmente e realmente cronica), ne ottengo il consenso, li metto in lista operatoria e finalmente arriva il giorno dell'intervento. Ne parliamo ancora, siamo ancora in tempo a decidere cosa sia meglio fare (l'eclettismo, Fausto, l'eclettismo...) e, se c'è spazio, perché no, anche la Chiva, ma anche la chirurgia ablativa, come anche le procedure obliterative e perché no la terapia sclerosante con la schiuma alla Tessari. Potresti obiettarmi: ma così non sai che fare e decidi alla demande... Caro Fausto, a quest'ora della notte, i miei neuroni danno segni di scompenso e cominciano a fumare per l'energia termica che si sviluppa nell'attrito dei collegamenti. Suvvia, non scrivere più o peggio non dire mai ad un congresso, davanti ad una platea di colleghi, che il chirurgo non dà un'informazione obiettiva: i flebologi medici o forse meglio gli angiologi si tufferebbero subito nella piscina priva d'acqua della tua affermazione e non credo che ci faresti una brillante figura vedendoli riemergere con la testa rotta.
Carissimo Fausto, lascia perdere i miei neuroni e segui fortissimamente (ti ricordi dell'Alfieri?) i tuoi neuroni in cui credi altrettanto fortissimamente. Guai se non fosse così.
 
Post n. 25

Fausto Passariello ha scritto il 29 Novembre 2009 alle ore 1,02
Caro Giuseppe, Chiva significa trattamento emodinamico e si può fare anche nella totale assenza di un tronco safenico o solo in presenza di tratti. Ti ripeto, meglio confrontarsi su cartografie e non in generale. Quanto all'informazione, dire che l'informazione del chirurgo (dello scleroterapista, dell'angiologo che effettua magari terapia medica e compressione) non è obiettiva, non è rivolto contro nessuno. E' solo un dato di fatto. Ognuno dice che il suo metodo è il migliore e questo ovviamente comporta che almeno tutti meno uno (oppure tutti) sono nel torto. Quanto all'eclettismo, andrebbe bene se ci fosse un criterio di scelta. Ma dove è? Non c'è un consenso. E quindi l'eclettismo denota cultura, scarsa aderenza a ognuno dei metodi e si basa su criteri di scelta non validati. Quanto alla safena e ai suoi residui, lo stripper dal malleolo sale per strade che non sono sempre safeniche. Basta una collaterale e si sposta su un accessoria. In generale il chirurgo riesce a controllare solo se giunge nel tronco safenico al triangolo di Scarpa o su un'accessoria. Ok dai pochi neuroni notturni.
 
Post n. 26

Giuseppe Botta ha scritto il 29 Novembre 2009 alle ore 9,57
Fausto caro, dopo la ricarica di energia notturna alle mie cellule cerebrali, rileggo il tuo ultimo post, che peraltro avevo già letto alcune ore fa, ma non ti avevo risposto per motivi di scarica completa della mia batteria neuronica. Siamo allineati, mi sembra di intuire da tutti i commenti che ci siamo vicendevolmente scambiati, sul fatto che entrambi, ma credo di interpretare il pensiero di tutti i Flebologi del Gruppo e non solo del Gruppo, cerchiamo di ottenere la soddisfazione dei nostri pazienti con le metodiche, le procedure, le tecniche che meglio conosciamo e pratichiamo. Nell'invitarTi ad intervenire anche negli altri argomenti presenti nell'Area Discussioni del Gruppo, in maniera da poterci simpaticamente confrontare ed avere anche il contributo di altri autorevoli ed esperti colleghi, Ti giungano veramente graditi dalla tua Terra di Campania (in questo momento in cui Ti scrivo mi trovo a casa dei miei familiari nel mio paese di nascita in provincia di Salerno) i miei più cari saluti, ricolmi di stima e di riconoscenza scientifica per quanto hai già fatto e continui a fare con il "tuo Vasculab."
L'Alighieriano campano.
 
Post n. 27

Guido Arpaia ha scritto il 29 novembre 2009 alle ore 10,20
Carissimi tutti, Giuseppe ha sollecitato il mio intervento, quindi, tra talebani e komeinisti, arrivo anche io che ormai mi posso definire extraparlamentare! Ma che, il destino del paziente si determina dal peccato originale? Cioè se si è rivolto/a all'angiologo, al flebologo o al Chirurgo Generale o Vascolare. Mi pare inquietante! E' vero che se io vado dal fruttivendolo è difficile che esca col pesce, ma indicazioni, linee-guide, protocolli, PDTF e quant'altro che fine fanno? Sasso nello stagno: ma una incontinenza valvolare va corretta "per sé" o solo se sintomatica o causa di complicanze (C4-C6)? Una buona (magari meno... fruttifera...) gestione "medica" con correzione dello stile di vita, dimagramento, che servono anche alle arterie, compressione corretta - ed ora c'è l'imbarazzo della scelta -, farmaci (ma anche alcuni integratori e fitoterapici), con un buon follow-up programmato nel tempo, non potrebbro rappresentare un atteggiamento condivisibile? Quanti possono coscientemente affermare che ogni paziente venga sicuramente e certamente messo a conoscenza di TUTTE le opzioni possibili? Salutoni a tutti!
 
Post n. 28

Giuseppe Botta ha scritto il 29 Novembre 2009 alle ore 11,06
Caro Guido, sei proprio nello spirito giusto del quesito posto da Paolo Santoro all'inizio di questa discussione. StimolandoTi come angiologo, non certo come... fruttivendolo a questa discussione, volevo proprio arrivare alle Tue conclusioni. Come chirurghi abbiamo "padellato" quasi tutti (mi sovviene il "QUASI" che è presente in qualche dialogo tra me e Fausto) la domanda di Paolo, ma è di grande importanza e pertinenza il suo quesito, al quale peraltro Tu da fruttivendolo (consentimi ancora questa battuta, che non vuol essere certo offensiva nei tuoi confronti, ma solo per continuare nello splendido esempio del Tuo argomentare) hai risposto che non puoi vendere... il pesce!! E' proprio così, cari amici: dal fruttivendolo si vende la frutta, come dal pescivendolo si vende il pesce.
Ciao, carissimo amico angiologo, a ben rivederci venerdì sera a Siena.
 
Post n. 29

Stefano Ermini ha scritto il 29 Novembre 2009 alle ore 19,04
Buongiorno a tutti... Vi ricordo che in fondo non è l'esperienza dei singoli, ma sono i trials randomizzati che tirano le conclusioni... Buon lavoro.
 
Post n. 30

Giuseppe Botta ha scritto il 29 Novembre 2009 alle ore 22,47
Eh, sì, i trials... ma poi il paziente, la paziente o meglio i pazienti vengono visitati dal singolo, talora da un team di colleghi, non certo dai trials... Pensate che sia la stessa cosa prescrivere d'estate un tutore elastocompressivo della 2^ classe ad una paziente friulana con incontinenza della safena piuttosto che ad una paziente siciliana con lo stesso problema? La risposta è ovvia ed è sì, così almeno dicono i trials, perché è stato dimostrato dai trials che la calza di seconda classe a compressione graduata dà comunque dei risultati brillanti sulla sintomatologia lamentata dalla paziente... già la paziente... e la compliance dove la mettete? Provate a chiedere ad un flebologo siciliano se è in grado di far portare la calza nei mesi estivi a tutte le sue pazienti... ovviamente il collega friulano non ha o perlomeno sente molto meno questa problematica, perché difficilmente si raggiungono nel Friuli o nel Trentino i 40 gradi all'ombra delle montagne alpine... eppure i trials randomizzati sono concordi e danno conclusioni univoche o forse standard. E qui, cari colleghi, continuiamo ad avere 2 visioni distinte o meglio diverse del problema clinico-strumentale che dobbiamo risolvere. Per Voi, Koimenisti, Mulleriani, Talebani, Fondamentalisti, ecc., esiste sola quella procedura, quella tecnica, quella strategia che va sempre bene per tutti i pazienti, che vivano al Nord o al Sud, al freddo delle regioni alpine o al caldo delle regioni mediterranee o peggio ancora delle Isole. Per me e per coloro che la pensano come me il Flebologo viene classicamente descritto nei congressi, convegni, seminari, corsi di aggiornamento, tavole rotonde, ecc., come l'arciere che ha nella sua faretra tante frecce e sceglie e scaglia quella giusta a seconda della preda che deve colpire. Per parlare in senso metaforico e riprendere il discorso sul termine con il quale ho firmato qualche post precedente, nonostante l'Italiano sia la lingua di Dante, cioè la lingua standard della nazione Italia, esistono pur sempre i dialetti regionali e nessun trial riuscirà mai a dimostrare che il veneziano sarà compreso da un sardo o il piemontese da un campano o il calabrese da un emiliano e così via... Certo il trial randomizzato indica che l'italiano deve parlare la lingua dell'Alighieri, ma poi io parlo e capisco perfettamente anche il napoletano... e allora la mia esperienza adolescenziale debbo buttarle alle ortiche (mi sovviene il fruttivendolo di Guido Arpaia), solo perché la conclusione del trial stabilisce che al mio paziente che vedo in Toscana debbo parlare come parlava l'Alighieri?. Quale vicendevole soddisfazione proviamo entrambi, quando riesco nel mio ambulatorio a Siena a parlare napoletano con il paziente campano che viene a visita e mi dice sbalordito: "ma lei, professore, non è toscano?" Ed io: "cosa glielo fa pensare?" "da come parla..." Eppure, se seguissi le conclusioni dei trials, dovrei sconfessarmi e dire: "no, no, si sbaglia, sono toscano ormai da tanti anni."
Carissimo Stefano, i trials vanno senz'altro bene, vanno seguiti per quello che possono dare in termini di conoscenza scientifica, ma è sempre e comunque la mia esperienza di singolo flebologo, - che si arricchisce ad ogni visita, ad ogni contatto umano - che mi porta a dare il meglio di me stesso nei rapporti con il paziente, al solo scopo di ridurgli le sofferenze e migliorare la sintomatologia di quella patologia venosa, che resta pur sempre cronica.
 
Post n. 31

Fabrizio Melfa ha scritto il 29 Novembre 2009 alle ore 0,01
Un saluto a tutti voi. Certo da allievo del prof. Botta, da siciliano o nordafricano che dir si voglia, non posso non essere d'accordo con Botta. Da noi giù in Sicilia, si è molto conservativi, alla faccia dei trials. Da flebologo, ma soprattutto da specialista in scienza dell'alimentazione, consiglio le calze a compressione graduata (consapevole del buttar al vento fogli e parole) ma soprattutto faccio dimagrire i miei pazienti... e attenzione alla bestemmia, tratto le mie varici con la fleboterapia del prof. Capurro, oltre che ad inviare a Giuseppe Botta per gli interventi le "rogne". I miei risultati sono eccellenti, visti gli appuntamenti in studio... vorrà dire qualcosa. Sono pronto alla fustigazione da parte di tutti i chirurghi. Buon lavoro.
 
Post n. 32

Paolo Santoro ha scritto il 29 Novembre 2009 alle ore 0,33
Carissimi tutti, vorrei che qualcuno scrivesse queste linee guida del trattamento dell'incontinenza della GSI e della insufficienza venosa, ma purtroppo temo che non esistano se non nella esperienza di ognuno a seconda della fede professata... allah, budda, confucio. Solo la fede cristiana è aperta e consente altre fedi. Ogni paziente ha un problema diverso e non esiste una soluzione valida per tutti. Solo chi ha varie soluzioni può risolvere più problemi a più pazienti. Pertanto solo avendo l'esperienza di più tecniche si riesce ad ottenere il meglio per i nostri pazienti e a fare meglio il nostro lavoro, considerando che l'importante è: a) interrompere il reflusso; b) eliminare gli inestetismi; c) migliorare la funzione riducendo la stasi. Un saluto dal Guru Paolo.
 
Post n. 33

Fausto Passariello ha scritto il 30 novembre 2009 alle ore 1,33
Chiedo scusa, ma credo sia necessaria una sintesi. Da un lato ci sono i trials, i tipi di shunt, l'indicazione chirurgica in base all'emodinamica... dall'altro ci sono i desideri del paziente (in base alla scarsa e contraddittoria informazione che in genere è fornita anche nei consensi informati), la posizione geografica, la temperatura e la stagione dell'anno, la compliance del paziente... Penso di essere molto aperto e di variare molto le indicazioni in base ai vari tipi di patterns emodinamici riscontrati nel paziente. In questo senso sono molto eclettico. E' ovvio che le altre variabili hanno un senso, ma esiste una gerarchia e una priorità. Un paziente da operare in urgenza va operato tenendo conto delle variabili principali e non di quelle accessorie, anch'esse importanti. In un addome acuto dareste maggior peso alle variabili minori di cui sopra oppure alla conta dei bianchi, alla trattabilità della parete, ai segni di reazione peritoneale? La risposta è ovvia. Per cui anche nel nostro caso, l'indicazione e le controindicazioni sono molto tecniche e possono essere più o meno univoche secondo lo stato di avanzamento delle nostre conoscenze, mentre le altre variabili sono importanti nel determinare poi l'effettiva praticabilità della terapia. In ultima analisi, la volontà del paziente è la chiave finale, perché senza consenso non si fa nulla.
Cari amici, credo che per un pò dovrò astenermi dallo scrivere su Flebologia Italiana, perché dal primo dicembre sono impegnato nell'evento Physbiol su internet, sulla varicogenesi e sull'importanza delle variabili fisiche e biologiche. L'invito è esteso a tutti. Consultate la pagina << http://web.tiscali.it/vasculab/physbiol/physbiol.htm >> per l'iscrizione alla lista.
 
Post n. 34

Stefano Ermini ha scritto il 29 novembre 2009 alle ore 8,23
Scusate, cosa è la fleboterapia rigenerativa del prof Capurro? Chi è il prof Capurro? Dove sono i trials, dove è la fisiopatologia correlata? Mi sembra che sulle varici chi più ne ha più ne metta, un gran minestrone in poche parole... o forse le scelte le fa il flebologo in base alle sue conoscenze emodinamiche? o pensate che non mi riuscirebbe lessare una safena con il laser o dargli una grigliatina con la radio, o riempirla di schiuma (ho pubblicato sulla ecosclerosi nel 1992) ... conservare è meglio che distruggere... o qualcuno pensa che è meglio distruggere... e perché? come lo può dimostrare? dov'è il trial? e basta con l'eclettismo del flebologo... vuol dire solo demolire dove non si è capito come stanno le cose... è senz'altro più semplice...
PS: a proposito dell'ambulatorio pieno... lo si può fare per un pò anche vendendo fumo... auguri per il futuro...
 
Post n. 35

Giuseppe Botta ha scritto il 30 Novembre 2009 alle ore 10,08
Carissimo Stefano, mi vedo costretto a intervenire di nuovo nella discussione solo per rispondere a qualche tua affermazione e ribadire ancora una volta il mio pensiero. Sarete stufi penso del mio argomentare, ma il Gruppo della Flebologia Italiana fu da me creato il 2 gennaio 2009 proprio con questo preciso scopo: sfruttare la piattaforma mediatica di Facebook per poter dialogare più o meno vivacemente, più o meno simpaticamente, più o meno scherzosamente, - ogni tanto qualche frecciatina polemica ci sta anche bene - e soprattutto lasciare traccia di quello che scriviamo, così che tutti possano poi nel presente o nel futuro - vedi i giovani che si accosteranno alla Flebologia - leggere quello che noi, "esperti tra virgolette", ci siamo scritti.
Verba volant, scrpta manent, dicevano i nostri padri latini, cosicché nessuno dei partecipanti alla discussione, che ringrazio di vero cuore per questa stimolantissima ed accesa diatriba, si potrà più sottrarre alle proprie affermazioni. Già le affermazioni e... torno a Stefano, che definendosi per primo "Talebano" ha innescato tutta una serie di eponimi molto divertenti. Lo so anch'io che dare una lessatina o grigliatina o riempire di schiuma la safena sono tutti capaci, ma il problema (continuo ad affermarlo sulla scia del pensiero espresso da Paolo Santoro) è che non tutti in Toscana mangiano l'arrosto e c'è pure chi preferisce al ristorante l'umido o come diceva il buon Guido Arpaia il pesce. E allora come la mettiamo? Se una sera mi va di mangiare il pesce, andrò sicuramente a cercare un ristorante sulla costa grossetana o livornese, mentre a Siena o a Firenze ci sono degli ottimi, ribadisco degli ottimi, ristoranti che servono carne. Fuori di metafora, il paziente che vuole risolvere (beato lui che ci crede alla guarigione della sua malattia venosa) il suo problema con la scleroterapia, andrà sicuramente dal nostro miglior collega flebologo che pratica scleroterapia, il paziente che ha sentito parlare bene della cura emodinamica andrà sicuramente dal nostro miglior collega flebologo che pratica Chiva, e così il paziente che vuole il laser o la radiofrequenza andrà dal nostro miglior collega flebologo che pratica laser o RF. E la chirurgia ablativa, non la fa più nessuno? Calma, calma, calma... come ho scritto in qualche altro post di qualche giorno fa in risposta a Passariello, eccoci qui pronti noi flebochirurgi seguaci di Keller, Mayo e Babcok a praticare quando occorre o ne sentiamo la necessità l'ablazione della safena interna o, come seguaci di Muller, dei suoi rami collaterali varicosi.
Ed ancora Stefano afferma: "conservare è meglio che distruggere". Certo, non posso che essere d'accordo con lui, anche perché i primi rudimenti ed i principi della cura emodinamica li ho appresi a Siena moltissimi anni fa in un Corso di Aggiornamento tenuto proprio dagli amici fiorentini Ermini e Cappelli.
Ed allora carissimo Stefano non mi puoi dire che l'eclettismo del flebologo sta a significare la demolizione della safena solo perché non si è capito bene come stanno le cose... devo dedurre che non mi avete insegnato bene l'emodinamica? Io penso e con questo mi avvio alla conclusione del mio intervento mattutino, che oggi la carie dentaria si può curare con tutta una serie di sedute dall'odontoiatra, ma se uno vuole risolvere d'emblé il problema va dal dentista che nel frattempo si è superspecializzato nell'implantologia e si fa togliere il dente e poi impiantare un dente protesico.
Mi dirai: eh, ma la safena, una volta tolta, non si può reimpiantare. Risposta: ma il sangue che fluiva nella safena o nei suoi rami collaterali, una volta che questa è stata tolta, trova altre strade per ritornare a quel benedetto atrio destro del cuore, se no tutti gli operati di stripping avrebbero delle gambe gonfie così, il che non mi risulta, nemmeno dai trials randomizzati effettuati in varie parti del nostro globo terrestre. E non mi dite che la chirurgia ablativa non sia poi così all'opposizione dell'emodinamica...
E allora, e concludo veramente, è sempre il paziente (mi sta venendo la nausea nell'esprimere questo concetto) che sceglie se farsi toccare e poi ritoccare ed ancora ritoccare nel tempo oppure se farsi togliere in un sol tempo i suoi rami venosi refluenti. Ovviamente sta a noi informarlo che questo non significa la guarigione e ahimè dovrà convivere con la sua insufficienza venosa cronica, soprattutto se non cambia il suo stile di vita o, come diceva Fabrizio Melfa, non si sottopone a un serio programma riabilitativo vascolare e metabolico, in caso di sovrappeso.
P.S. il post scriptum è dedicato a Fausto Passariello, che da oggi ci lascia per mancanza di tempo (lo capisco), dovendo stare dietro al suo "Physbiol", ma sono certo che "tornerà" appena gli sarà possibile, a leggere e a partecipare a questa bellissima discussione.
Evviva Facebook che ci consente tutto ciò.
Firmato
Il creatore del Gruppo della Flebologia Italiana su Facebook.
 
Post n. 36

Pier Antonio Bacci ha scritto il 30 Novembre 2009 alle ore 15,59
Cari amici, non amo i forum tanto meno Facebook, ma per la stima per Botta e C., rispondo che non esiste un'incontinenza safenica, ma tanti gradi di incontinenza fra cui quella secondaria ad iperafflusso. In ogni caso, quando esiste un reflusso T4, cioè di quelli che arrivano fino al malleolo, una bella legatura in anestesia locale la preferisco, per il periferico va bene il laser o la flebectomia. Quando esiste un reflusso minore T1-T2 fino all'Hunter o Dodd, preferisco una legatura se la paziente ha già partorito (sempre lasciando le collaterali superiori), se potrà avere ancora figli, non amo legare la giunzione.
 
Post n. 37

Giuseppe Serpieri ha scritto il 1 Dicembre 2009 alle ore 14,29
Cari tutti, vi scrivo dalle nebbie del profondo nord raccogliendo l'invito dell'amico Giuseppe Botta a partecipare al dibattito in corso, dopo aver letto tutti i post precedenti. Al di là di una serie di ovvietà sulle quali siamo d'accordo tutti, e di alcune pratiche parecchio discutibili ("fleboterapia rigenerativa": conosco personalmente Sergio Capurro e ne ho discusso con lui alcune volte), credo che sia interessante per tutti questa opportunità di incontro virtuale, a volte in tempo reale.
Nel 1999 sono stato prima da Olivier Pichot a Grenoble, poi da Philippe Nicolini (gruppo M. Perrin) a Lione ad apprendere la "Closure". Dal 2000 ho iniziato a trattare i miei pazienti con la RF, quindi con il Laser 980nm e con la più recente ClosureFast (che trovo eccellente). In quasi 10 anni di esperienza ho "dovuto" fare non più di tre-quattro crossectomie durante il trattamento: in tutti gli altri casi non c'è stata crossectomia. Uso la termoablazione endovascolare sia sulla Grande che sulla Piccola Safena: la procedura è ecoguidata in tutte le sue fasi. Ad oggi non ho avuto pazienti dichiaratisi insoddisfatti della scelta effettuata, nè ho dovuto reintervenire per recidiva (gli "altri" evidentemente saranno andati a farsi vedere da qualcun altro). Da me non arriva mai nessuno chiedendo di essere trattato con la CHIVA: a me chiedono un trattamento endovasale con Laser o RF ed io, se lo ritengo possibile e fattibile, e comunque avendolo/a informato/a di tutte le possibili eventuali metodiche alternative che potrebbero essere messe in atto, lo accontento. Anch'io, come Stefano Ermini, PierAntonio e molti altri di noi, devo render conto ai/alle mie pazienti di un risultato non solo funzionale, ma anche ESTETICO e DUREVOLE nel tempo. Tutte le belle teorie emodinamiche e fisiopatologiche sono bei temi di studio, ma che alla maggior parte di/delle pazienti interessano quasi nulla: loro vogliono VEDERE e SENTIRE il risultato!
Immagino che molti non condivideranno le mie affermazioni, ma un Forum specialistico è fatto proprio per "dibattere", e non necessariamente per "convincere". Io credo che dovremmo usare questo spazio per condividere le nostre esperienze e non certo per imporle.
Circa 1 anno e mezzo fa su Vasculab, che molti conosceranno, iniziò e andò avanti a lungo una infinita e stucchevole discussione tra fautori dell'una o dell'altra tecnica, che determinò la decisione dell'ottimo Fausto, moderatore, di ordinare la fine delle ostilità e passare ad altro argomento, pena l'oscuramento coatto delle mail, anche perchè si stava sfiorando l'esplicito insulto.
Caro Giuseppe, fà in modo che questo non avvenga.
 
Post n. 38

Giuseppe Botta ha scritto il 1 Dicembre 2009 alle ore 23,11
Desidero anzitutto tranquillizzare Giuseppe Serpieri: la discussione finora si è sempre svolta nei vari post all'insegna della stima e della vera amicizia tra i partecipanti: qualche piccola battutina sarcastica, tinta di "vena" polemica, è stata più utile che dannosa all'argomentare dei membri del Gruppo. Comunque sono e sarò sempre vigile affinché, come scrive Serpieri, la discusssione non degeneri nell'esplicito insulto.
Nella mia qualità di creatore del Gruppo della Flebologia Italiana ho soltanto un piccolo rammarico da esternare: manca nella discussione il pensiero dei "giovani flebologi"... possibile che non abbiate nulla da dire... che vi appare tutto chiaro... che non vi sfiori il dubbio della conoscenza... <>... se conoscete la problematica, non abbiate timore ad esprimerVi... noi, meno giovani o più anziani, siamo pronti a raccogliere le vostre riflessioni, i vostri pensieri, i vostri commenti...
Concludo auspicando fortemente che le nostre incertezze di oggi (come si evince da tutta l'Area di discussione sulla Terapia chirurgica delle varici) possano diventare le vostre certezze in un domani che è già quasi presente.
Un cordiale saluto da un Flebologo orgoglioso di essere Italiano.
 
Post n. 39

Fabrizio Melfa ha scritto il 2 Dicembre 2009 alle ore 11,08
Cari colleghi, forum come questi hanno l'obbligo di mettere a confronto esperienze, perplessità, certezze, tecniche e quant'altro possa ampliare i nostri orizzonti conoscitivi. Rimanere ancorati alle proprie certezze è condivisibile, ma in questa occasione ritengo sia poco idoneo. Siamo tutti professionisti che lavoriamo e gestiamo persone e non vene o safene. E se lavoriamo, ognuno di noi ha le proprie soddisfazioni, affina la tecnica che più ritiene opportuna, quindi credo sia inutile disquisire sulla tecnica più idonea o migliore... forse esiste la possibilità dell'integrazione delle tecniche valutate paziente per paziente.
La critica, quando è ben fatta, è sempre un piacere.
Un saluto affettuoso dal flebologo nordafricano.
 
Post n. 40

Giulia Baldoni ha scritto il 2 Dicembre 2009 alle ore 8,49
Sono Giulia Baldoni, allieva del prof. Giuseppe Botta, specializzanda in chirurgia generale dell' Università di Siena. Frequento da circa 8 mesi il Centro di Flebolinfologia diretto dal Prof. Botta.
Sollecitata dall' esplicita richiesta del Prof., mi inserisco anche io, come giovane flebologa, nella discussione.
Presso Il Centro ho avuto la possibilità di vedere applicate diverse tecniche nel trattamento dell' insufficienza venosa cronica superficiale, dallo stripping alla scleroterapia con mousse, dalla CHIVA al laser endosafenico e ho personalmente ricontrollato la maggior parte dei pazienti trattati durante questi mesi ed anche negli anni precedenti. Devo ammettere che, nella mia limitata esperienza, mi sono fatta l'idea che sia a dir poco difficile trovare la tecnica di trattamento in assoluto più idonea, ritenendo necessario e forse anche divertente, avere a disposizione un ventaglio di possibilità che si adattano non solo alle caratteristiche della malattia venosa, ma anche e soprattutto alle esegenze del paziente.
Un saluto a tutti.
 
Post n. 41

Stefano Ermini ha scritto il 3 Dicembre 2009 alle ore 14,27
Scusate, ma ho l'impressione di essere in un supermercato, ed il paziente sceglie a quale banco andare. Il problema è solo di formazione emodinamica che molti CREDONO di conoscere. Dunque è inutile stare qui a disquisire sul ventaglio di trattamenti che il flebologo deve avere a disposizione (il vostro è un ventaglio solo DEMOLITIVO), io ho a disposizione un ventaglio conservativo. Vorrei anche aggiungere che non c'è peggiore CHIVA di quella dove si fa un pò e un pò... è una chiva fatta così per fare numeri e presentare le casistiche dicendo "noi facciamo anche quella". Perchè non organizzate un worshop con i pazienti, si fa la diagnostica e poi si discute su cosa si potrebbe fare in quel caso. ATTENDO CON FIDUCIA UN CONFRONTO SUL CAMPO.
Un forte abbraccio.
 
Post n. 42

Giuseppe Botta ha scritto il 3 Dicembre 2009 alle ore 17,45
Mi inserisco nella discussione soprattutto dopo il post di Stefano. Hai proprio ragione: noi abbiamo a disposizione un ventaglio di tecniche demolitive. Tu persegui il ventaglio?? conservativo. Finché verranno al bancone del nostro supermercato persone che ci chiedono l'ablazione delle loro vene malate (con quale tecnica lo decidiamo noi, almeno consentimi questo ventaglio di possibilità tecnica), noi continueremo la mattina alle ore 8 ad essere presenti al banco fino alla chiusura del supermercato.
E se i profitti aumentano di anno in anno, pensi che l'amministratore del supermercato possa decidere di chiuderlo, mandandoci in cassa integrazione, solo perché nella strada accanto qualcun altro vende prodotti conservati?
Già le "conserve" potrebbero tornare utili in tempi di magra... per sfortuna gli infarti vengono di solito alle persone grasse più che ai magri... ed i poveri cardiochirurghi con i loro by-pass safenici stanno per essere fagocitati completamente dai cardiologi interventisti con i loro stents e dilatatori coronarici...
Quanto al confronto sul campo, ritengo che la partita non si possa proporre per la mancanza dell' ARBITRO!! Nel caso nostro l'ARBITRO è il tempo, ma ci vogliono troppi anni per giudicare se il paziente al quale è stato risolto un problema clinico in un tempo solo sia più soddisfatto di quello al quale verosimilmente sarà risolto il problema in più tempi o viceversa.
Ti ricambio l'abbraccio, forte sì, ma non così tanto da "stritolarTi" con il mio abbraccio.
 
Post n. 43

Stefano Ermini ha scritto il 3 Dicembre 2009 alle ore 18,56
Un abbraccio forte sigla l'amicizia e la stima, un abbraccio molle è falso e non è da amici... non ti stimassi, non sarei qui a dialogare con te e con i tuoi amici...
Grazie ancora per questa discussione
PS: ma se non ci fossero gli CHIVAISTI, le discussioni ci sarebbero?
 
Post n. 44

Giuseppe Botta ha scritto il 3 Dicembre 2009 alle ore 19,14
Certamente sì: hai mai visto un senese (se pur di adozione) ed un fiorentino andare d'accordo?
Ciao, caro amico, che vuoi così "bene" alla Flebologia, da partecipare così volentieri e a tutte le ore a questa discussione.
 
Post n. 45

Giuseppe Serpieri ha scritto il 3 Dicembre 2009 alle ore 21,47
In effetti un confronto sul campo, seppure senza arbitro, servirebbe sostanzialmente a far vedere quanto ognuno di noi sia bravo con la tecnica che predilige. Se per "supermercato" intendiamo l'offerta al paziente di più possibilità terapeutiche (comprese quelle conservative, naturalmente), e la scelta, condivisa da entrambi, di quella ritenuta maggiormente idonea a quel caso, che supermercato SIA!!
 
Post n. 46

Stefano Ermini ha scritto il 4 Dicembre 2009 alle ore 9,32
Un professionista serio non fa scegliere al paziente, ma indica quella che è per lui la strategia migliore per trattare quel problema. Il paziente sceglie il professionista, il professionista sceglie la metodica.
 
Post n. 47

Giuseppe Botta ha scritto il 4 Dicembre 2009 alle ore 11,04
E' proprio qui, caro Stefano, nella Tua ultima risposta il nocciolo del problema innescato da Paolo, caro amico flebologo romano, che nemmeno si aspettava sicuramente di sollevare un tal polverone con la sua "innocente domanda" ai Flebologi del Gruppo su quale fosse l'orientamento personale nel trattamento dell'incontinenza safenica. Al paziente che sceglie Te come professionista sarà sicurissimamente data la miglior possibilità in Italia di avere un trattamento Chiva (sei Tu che come professionista serio hai scelto questa metodica conservativa), ma gli sarà comunque negata ogni altra possibilità terapeutica chirurgica o parachirurgica che sia, senza parlare ovviamente della terapia medica, scleroterapica o riabilitativa (ricordi il post di Melfa?). Che dirTi? nulla... Ognuno rimarrà alla fine della propria idea e quest'area di discussione su Facebook che io, chiedendo a tutti Voi fin da ora il permesso ed il consenso, trascriverò su altri siti web flebologici di pubblico accesso, ci ha comunque dato la possibilità di scambiarci vicendevolmente riflessioni, commenti, pareri su questa materia "la Flebologia", che rappresenta il nostro buon pane quotidiano.
 
Post n. 48

Stefano Ermini ha scritto il 4 Dicembre 2009 alle ore 13,00
Complimenti Giuseppe, hai scritto le conclusioni di un grande Maestro. Hai il mio consenso a trascrivere i post che ci siamo scambiati e ti propongo la possibilità di aprire in futuro la discussione su una cartografia, di cui sto preparando il video.
 
Post n. 49

Giuseppe Botta ha scritto il 4 Dicembre 2009 alle ore 16,27
D'accordo, anche a nome di tutto il Gruppo della Flebologia Italiana, che collaborerà certamente con me in questa nuova... avventura eidologica.
 
  

   

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